Il raggiro divino nasce dalla concezione della pretesa che l’essere umano ha come essere unico e perfetto. Eppure sappiamo bene che no, non siamo quel che descriviamo. Eppure non abbiamo mai analizzato il concetto di Dio sotto ogni forma possibile.
Il raggiro divino rappresenta il nostro concetto di fede?
Anzitutto non si crede se non si vede non è un concetto considerevole per ciò che concerne la fede. Essendo la stessa un atto di totale abbandono a ciò che decidiamo di abbracciare. E il punto è proprio questo: perché decidiamo di abbracciare il presupposto di Dio come essere superiore e buono, colui che ci vuole aiutare, colui che ci risolverà ogni problema e non, colui che ci vuole insegnare. Se porto la memoria indietro nel tempo, più o meno alla mia adolescenza, ricordo il volto di mia madre preoccupato per lo sbaglio che stavo per commettere e, quello di mio padre, più incazzato direi. Ad ogni modo ho avuto la facoltà di sbagliare grazie al mio libero arbitrio o, a quello che ho creduto di avere.
Faber est suae quisque fortunae
Se fossimo stati creati per essere pedine in mano al grande burattinaio, nessuno ci avrebbe dato nemmeno la parvenza del libero arbitrio. Noi abbiamo di fatto le redini della nostra persona, del nostro essere, eppure ancora non abbiamo compreso come funziona il nostro rapporto con Dio. Lo continuiamo a collegare a colui che ci risolverà ogni problema qualsiasi cazzata che faremo, sarà il buon Dio e la sua grande schiera di Arcangeli ad aggiustarci la situazione. Eh no! Non è questo il meccanismo che si fonde con la familiarità della fratellanza umana, che di per sé non esiste e non vuole essere tale. Siamo tutti scollegati, lo siamo perfino da noi stessi. Così ci riduciamo a vivere una vita perché ce l’hanno donata, senza davvero credere di meritarci qualcosa che vada oltre. E ci costringiamo a vedere il tutto mediante un nichilismo passivo, comprendendo che Dio è morto, mentre noi non prendiamo il nostro essere in mano, considerato il tutto, per essere artefici della nostra vita.
