Le donne iraniane hanno le palle cubiche? Si mentre gli uomini sono castroni. Si tagliano i capelli, si fanno arrestare, mostrano il dito medio ai chierici islamici.

Le donne iraniane hanno le palle cubiche?

La protesta delle donne iraniane contro l’obbligo di indossare il velo sta scatenando gesti di solidarietà e vicinanza in tutto il mondo. Anche in Italia, dove si sono svolte diverse iniziative, compresa una manifestazione organizzata a Roma, guidata principalmente da giovani donne. Come Sheeva, che vive in Italia ma è di origini iraniane. “Dopo che è morta una ragazza iraniana perché non portava il velo come doveva sono cominciate queste manifestazioni ma ora, ma non è più solo per le donne iraniane, siamo tutte unite per la libertà, anche per le afgane e le curde“.

Sono passate tre settimane dalla morte di Masha

Sono passate tre settimane dalla morte di Masha Amini, uccisa a poco più di 20 anni dalle violenze della polizia religiosa che l’aveva arrestata per alcune ciocche che uscivano dal velo. Le piazze iraniane continuano a riempirsi nonostante altri casi di ragazze uccise durante le proteste. L’ultima si chiamava Nika Shahkarami, aveva solo 16 anni. Le autorità negano qualsiasi coinvolgimento della polizia. La ragazza scomparsa durante una delle proteste è stata ritrovata morta dopo 10 giorni.

Aiutiamole

A sostenerli, nelle piazze italiane, sono soprattutto gli iraniani esiliati qui. Giovani donne in testa in quasi tutti i cortei, insieme ai loro fratelli; figli di storici dissidenti o a loro volta arrivati in Italia da poco, per studiare o in fuga dal regime. Sabato 1° ottobre, le piazze di numerose città in tutto il mondo si sono riempite dei loro slogan in curdo, in farsi e nelle varie lingue dei Paesi dove si sono svolte – “No alla dittatura! L’Iran vuole internet!”, ricordando che il regime ha interrotto l’accesso ai social network alla popolazione, senza per questo riuscire a impedire la circolazione delle immagini della repressione.

Le donne iraniane hanno le palle cubiche: gli uomini sono castroni?

“Khamenei assassino!”, e tanti canti nella lingua persiana, poesie contro il regime. Una pluralità di voci accolte e seguite da tante persone comuni ma poco sostenute dalle realtà della società civile o della sinistra organizzata, che almeno a Roma è stata per lo più assente o non riconoscibile. Neanche le femministe erano presenti se non in modo defilato e sparpagliato, non organizzato: né con striscioni né con le proprie bandiere o con i propri slogan.

Le donne iraniane hanno le palle cubiche: ma i romani?

Un segno preoccupante di poca reattività e capacità di organizzarsi in quella parte di società italiana più tradizionalmente sensibile alle lotte dei popoli; o forse un indizio della difficoltà di dialogo con i contenuti di questa lotta? Non sarebbe purtroppo la prima volta che le donne iraniane si ritrovano poco appoggiate nelle loro battaglie dalle femministe nostrane, e la ragione principale è un malinteso senso della lotta contro l’islamofobia che porta a molta freddezza e imbarazzo nei confronti di quelle realtà di donne, iraniane ma non solo, che individuano nel velo un chiaro simbolo dell’oppressione contro le donne tutte. 

Per cosa combattono?

Cavillare se la battaglia delle donne iraniane sia “contro il velo o contro l’obbligo del velo” sostenendo addirittura che nel volersene liberare “il rischio, però, per le donne non musulmane, è sempre lo stesso: lottare per i valori occidentali prima ancora di lottare per la liberazione delle donne” appare poi bizzarro, perché salta subito agli occhi uno sfacciato westplaining: la parola che abbiamo imparato dalla sinistra ucraina, quando ci hanno spiegato che la prima cosa da fare per esprimere solidarietà con le lotte in Paesi non occidentali è ascoltare il punto di vista di chi quelle lotte le sta portando avanti.

Lacrime Psichedeliche