Julian Assange è vittima di un processo politico architettato da chi non vuole che la verità sia svelata. La politica è l’ingranaggio che determinerà il si o il no per l’estradizione.

Julian Assange è vittima di un processo politico architettato da chi non vuole che la verità sia svelata?

Ha ragione Travaglio, quando dice che dall’inizio tutti i giornalisti (burattini del potere lo aggiungo io) dall’inizio erano in fila per prendere più informazioni possibili e documenti utilizzabili. Ricordatemi perché Assange è in galera? Per aver svelato i giochetti di potere, per aver detto la verità e sputtanato presidenti e perdenti. La verità è in galera proprio come farebbe la Russia con i suoi dissidenti. Ma da dove possiamo capire che ci troviamo di fronte a un processo politico? Uno dei due giudici che si pronuncerà sulla richiesta di fermare la sua estradizione ha lavorato per l’MI6 e il Ministero della Difesa britannico, vi sembra poco? Per chi non sapesse: il Secret Intelligence Service (SIS) è l’agenzia di spionaggio per l’estero del Regno Unito. È più comunemente noto con il nome di MI6, essendo la sesta sezione dei servizi segreti britannici, noti collettivamente con il nome di Military Intelligence. Il SIS dipende dall’Ufficio per gli esteri ed è sotto la formale direzione del Joint Intelligence Committee (JIC).

Ricordatemi chi ha sputtanato?

Indistintamente tutti, compreso il governo della corona. Quindi, se il giudice in questione si esporrà per una estradizione che definirei coatta, visto che si tratta di condannare la verità, allora sarà chiaro che ci troviamo di fronte ad un problema di natura politica, strettamente legato ai servizi segreti, che probabilmente faranno pagare al povero Assange, con una strana morte, i loro malefatti politici. Immorale e deviante è la struttura che si vuol dare a questo processo. Le accuse che potrebbero costargli una condanna fino a 175 anni di carcere e, secondo i suoi avvocati, la morte certa dietro le sbarre. Ovviamente! E per cosa? Aver detto e svelato la verità.

Perché Assange?

L’australiano è accusato di aver divulgato 700mila documenti di Stato americani riguardo alle relazioni diplomatiche di Washington e alle violenze commesse in Iraq e Afghanistan, e chi c’era insieme agli ameregani in Iraq e Afghanista? Gran Bretagna, Francia, Italia. Questi paesotti, più di tutti gli altri, avrebbero contribuito a divulgare violenza e morte, soprattutto verso i prigionieri, totalmente in barba ai trattati internazionali. Mi domando perché me ne deve fregare qualcosa dell’Ucraina, della Russia o di altre guerre, se poi la verità su di esse deve essere sepolta dietro le sbarre. Sarebbe utile uno spot gigantesco su Assange: Liberatelo! Nelle prossime ore sapremo se il mondo ha ancora una possibilità di conoscere le verità, oppure dobbiamo rincorrerle nelle farneticanti rivelazioni di qualche pseudo complottista?

La verità è una…

Quindi, come giornalista ribelle e coscienzioso, estremamente deluso dalla politica e amante delle verità nascoste, mi allineo al pensiero del bravo Travaglio, facendolo mio non soltanto giornalisticamente, ma anche politicamente, visto che ci troviamo di fronte ad un processo politico. “Io sono doppiamente indignato se a fare cose simili sono presunte democrazie, perché noi saremmo i buoni e stiamo rischiando di consegnare al capofila dei buoni, cioè gli Usa, un grandissimo giornalista che un tempo avrebbe vinto il premio Pulitzer e che adesso rischia la pena di morte o 175 anni di reclusione, cioè l’ergastolo”.

Lacrime Psichedeliche