Dovremmo accettare il fatto di dover, molto spesso, fare i conti con la nostra memoria spirituale. Dante scrisse: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”, il momento in cui la tribolazione dell’essere conduce alla pace?

Memoria spirituale estremo territorio del non perdono?

Non possiamo perdonare tutto. Forse non possiamo neanche perdonare veramente. Forse la nostra idea di perdono è legata alla convinzione di poter perdonare, un esercizio comportamentale che mi da più l’idea di un tentativo di mascherare la verità. La fitta che sentiamo allo stomaco quando incontriamo o ci scontriamo con il perdono è forse, l’unica verità che dovrebbe essere accettata. Il cane bastonato diffida di chi alza la mano per accarezzarlo. Siamo quello che siamo: ribelli, traditori, amanti, guaritori, guerrieri,
generosi, bugiardi, leali, rispettosi, angeli di demoni e demoni di angeli. Spesso ci guardiamo passare nelle pagine stanche di una vita a cui non diamo o no riusciamo a dare un senso, per dare spesso un
senso esagerato a noi stessi.

Oltre il senso delle cose

Ci rivestiamo di corazze invisibili, ma pesanti come la vita o il senso di essa che fatichiamo a trovare. Spesso convinti di Essere, guardando gli altri come la follia guarda la sobrietà. Pronti ad incensare il nostro passaggio tra i vicoli della vita, spesso pieni di rifiuti e rottami lasciati a marcire. Condanniamo, accusiamo, giudichiamo e poi? E poi ci ritroviamo ad asciugare le lacrime della nostra povertà, disillusione e nudità. Nudi di fronte al nostro sguardo: il momento dove l’incertezza e l’inadeguatezza diventano terrore. Vessilli di uno spirito perso nell’abisso del non senso, ma non torniamo indietro no, anzi, continuiamo spergiurando e scongiurando, con la convinzione che la nostra casa non sia costruita sulla sabbia ma su solida roccia.

Memoria spirituale estremo territorio

Dovremmo fermarci e dare un po’ di dubbio alla nostra sapiente grandezza. Nulla e nessuno
è più di noi, nulla e nessuno sa come noi, nulla e nessuno ama come noi: eppure siamo spesso soli, alla ricerca di una grande amicizia o di un grande amore che sarà sempre il prossimo, solo perché quello che abbiamo non sappiamo amarlo noi. Scontenti, delusi, psicoanalizzati, depressi, ubriachi o tossici di
qualcosa o di qualcuno. Alla ricerca delle labbra perfette, degli addominali perfetti, del grande successo, della grande bellezza. Ma alla fine scriveremo solo un patetico post su Facebook: “Nessuno
merita amore come il mio cane” o se volete gatto. Il problema è che non sappiamo amare, non sappiamo dare, fuggiamo dal certo e bello soltanto per avere la scusa di non dare. Accusiamo gli altri di essere
dei traditori seriali e noi facciamo altrettanto, e magari anche prima.

Perdonare prima se stessi

Diciamo agli altri di non saper amare perché vogliamo essere amati a modo nostro cioè: senza amore.
Dovremmo osservarci di più, ma scopriremmo di che stoffa siamo fatti e schiferemmo il tessuto. Tutto qui: solo dei poveri disadattati, chi analfabeta, chi semi analfabeta, chi diplomato, chi laureato, ma
soltanto dei disadattati che giocano a perdersi nella socializzazione fake, solo per sentirsi essere di qualcosa… o asociali per fuggire dal vuoto totale che circonda la nostra viltà. Ci ripieghiamo nella nostra
affermazione preferita: “Mai una gioia” – “la vita è una merda” – “l’amore non esiste”. Tu non esisti pessimo sciagurato o sciagurata. Siamo esseri che traballano dentro noi stessi, spesso alla ricerca di un po’ di
comprensione o considerazione.

Memoria spirituale: il disprezzo del perdonar noi stessi e la nostra inadeguatezza

Spesso distruggiamo chi già ci considera, perché averla la considerazione è una responsabilità, una
responsabilità che va gestita per dimostrare che chi ci considera non si sbaglia, ed è proprio in quel momento che fuggiamo. Quindi, se per trovare considerazione o rispetto negli altri, forziamo la nostra mano fino a farla diventare ferro, allora abbiamo imboccato la strada sbagliata. Il perdono per noi stessi o per gli altri è un esercizio di amore puro, se non lo hai dentro non puoi costruirlo. La fonte di grazia che tutti attendono, affinché quest’opera cresca e si esprima attraverso il perdono, non è altro che il frutto della consapevolezza della nostra anima. Se non si ha consapevolezza del nostro essere, allora mai e ripeto mai, potremmo essere veicolo di considerazione e di conseguenza, mai potremmo attenderla da altri, soprattutto se aridi, persi e avvelenati con la vita.

Lacrime Psichedeliche