Se Monti e Tognetti non fossero morti per ordine del Papa Re, il 24 novembre 1868, dopo aver commesso per vendetta un attentato dinamitardo alla caserma degli zuavi, il potere contrattuale avuto dalla Chiesa nei confronti del popolo romano sarebbe stato diverso? Semplifico la domanda: il comitato rivoluzionario romano, avrebbe deposto le armi, definendo l’atto di clemenza un segnale di buona volontà e apertura da parte delle autorità ecclesiastiche?

Se Monti e Tognetti non fossero morti?

Il 22 ottobre 1867, i due compirono un attentato contro la caserma Serristori degli zuavi pontifici. L’azione, nei progetti dei patrioti italiani, avrebbe dovuto scatenare una rivolta popolare per preparare il terreno all’ingresso delle truppe garibaldine nello Stato Pontificio. Il progetto prevedeva che, un gruppo di dimostranti avrebbe attaccato una postazione di guardia a piazza Colonna. Altri avrebbero dato l’assalto al Campidoglio, a Castel Sant’Angelo e Porta San Paolo. All’inizio del processo, agli atti oltre a Monti e Tognetti, anche se scagionato per motivi non politici, era presente anche un terzo elemento: Curzio Ventura.

Secondo le prime impressioni della gendarmeria pontificia, i tre riuscirono a piazzare due barili di esplosivo nell’edificio causando la morte di venticinque militari pontifici e due civili romani. L’attentato fu ideato inizialmente, per vendicare la morte della rivoluzionaria Giuditta Tavani Arquati. La storia ci consegna Curzio Ventura come possibile figlio di uno dei giudici della sacra consulta: Monsignor Pagni, avuto in gioventù, violentando una nobile romana, oltretutto cugina.

La progettata rivolta però non venne innescata

Il giorno successivo, 23 ottobre, un gruppo di volontari garibaldini, tra i quali i fratelli Cairoli, fu sconfitto dalle milizie pontificie a Villa Glori. Il 3 novembre Garibaldi fu sconfitto definitivamente a Mentana. Monti e Tognetti vennero catturati e condannati a morte. L’esecuzione, tramite ghigliottina, fu eseguita il 24 novembre 1868 in via dei Cerchi, nei pressi del Circo Massimo. Fu l’ultima condanna a morte inflitta mediante ghigliottina nella storia della Roma pontificia. La Chiesa aveva momentaneamente sconfitto i rivoltosi, ma sapeva che, nel tentativo di unificazione totale, da li a poco, un altro attacco sarebbe stato possibile e anche definitivo. Quindi, non eseguendo l’esecuzione, dando per certo un attacco imminente, avrebbe avuto una contrattazione positiva con il comitato rivoluzionario?

Se Monti e Tognetti avessero testimoniato a favore di un processo equo?

Sappiamo, purtroppo che quello non fu un processo equo. I due attentatori, non furono presenti in aula, anche se il loro avvocato, il Signor Leoni, si diede un gran da fare per sollevarli dal rischio della pena di morte. Il problema che la domanda solleva è di ordine puramente romano. Cosa voglio dire? Anni prima, il leggendario Pasquino, la voce rivoluzionaria romana per eccellenza, durante il processo ad Angelo Targhini e Leonida Montanari, due esponenti della cospirazione romana, si espresse a favore dell’esecuzione. La mia domanda nasce da questo episodio, che dal mio punto di vista, meriterebbe di essere approfondito storicamente e politicamente. Pasquino si giustificò dicendo: “Targhini e Montanari sanno che la loro morte pesa più molto assai, sulla coscienza del padrone. Se il Papa li perdonasse, il popolo direbbe ‘Vedi, er padrone e severo ma c’ha er core bono’, e la rivoluzione non avrebbe seguito“.

Il carattere romano avrebbe fatto la differenza?

Non dimentichiamo che la Chiesa di Roma, mirava a dimostrare la totale estraneità del popolo romano verso la rivolta, affermando che fosse totalmente devoto al Papa Re. Il tentativo principale, era convincere tutti, che la rivolta, anche quella organizzata dal comitato rivoluzionario, fosse opera di stranieri, intesi come italiani. Probabilmente, se rapportassimo le preoccupazioni di Pasquino al processo Monti – Tognetti, avremmo potuto vederle realizzate. Forse, la non capitolazione dei due attentatori, avrebbe fatto schierare parte del popolo romano contro il comitato rivoluzionario? Non dobbiamo dimenticare, che il comitato, anche se composto da romani, era appendice interna alla città del movimento garibaldino, fermo da tempo alle porte di Roma. In questo caso torna la domanda: il popolo romano o parte del popolo romano, avrebbe continuato ad accettare il governo della Chiesa?

Conoscendo il cinismo e la fattura caratteriale dei romani del tempo, potremmo dare una risposta affermativa. Forse Roma non avrebbe combattuto dall’interno e avrebbe dato un’altra possibilità al Papa Re.

Lacrime Psichedeliche