“Con l’attacco a Israele l’Iran riafferma il suo ruolo di leader tra i nemico di Tel Aviv”. Così parlò l’eurodeputato Castaldo di Azione.

Israele-Iran: chi è nemico di chi?

L’azione iraniana è sicuramente una determinazione di contrasto contro Israele, ma non bisognerebbe incentivare una contro reazione. Le due nazioni si odiano da sempre quindi, l’intervento esterno dovrebbe essere quello di placare e normalizzare, proprio come faceva Trump. La mossa di Teheran è gravissima, ma ora una reazione sproporzionata dello Stato ebraico potrebbe portare a un’escalation. Ora è importante che gli sproporzionati americani in buttino benzina sul fuoco. Il senso dell’attacco è sicuramente quello di colpire cercando di normalizzare la cosa con l’intervento esterno. Questo per evitare una guerra su vasta scala, come a dire: abbiamo avuto l’ultima parola ma non vale la pena rischiare?

Situazione pericolosissima

Si tratta di un’azione pericolosissima, che può portare ad una deflagrazione in tutta la regione e anche oltre. Credo che si sia trattato di un’esibizione muscolare dell’Iran. Forse perché il regime degli ayatollah sta scricchiolando ed è messo sempre più in discussione sia internamente che all’estero. È stato soprattutto un modo di Teheran per ribadire il ruolo di leadership nei confronti dei suoi alleati nell’area. Ovviamente parliamo di: Houthi in Yemen, Hezbollah in Libano, le milizie sciite in Siria, Iraq e Afghanistan e, naturalmente, Hamas in Palestina. L’obiettivo era sostanzialmente quello di riconfermare il proprio rango di potenza regionale. Forse anche di riguadagnare spazio e consensi nel mondo musulmano intestandosi la difesa del popolo palestinese.

Come evitare che il conflitto si allarghi?

Tutto dipenderà dalle reazioni dello Stato ebraico. Vedremo se e in che cosa si sostanzierà la risposta israeliana. È evidente che in un quadro del genere una mossa troppo azzardata potrebbe finire per alienare la “neutralità attenta” di quelle nazioni arabe che in questo momento non hanno assunto una chiara posizione: penso soprattutto all’Arabia Saudita, che prima del brutale attacco del 7 ottobre era a un passo dal normalizzare i rapporti diplomatici con Tel Aviv. È un processo estremamente fragile che dev’essere favorito da un’opera di mediazione occidentale. 

Lacrime Psichedeliche